logo
Loading.

stazione

A parte gli eventi bellici, l'Ottocento continua a portare, seppur lentamente, il soffio del progresso: in alcuni centri della provincia arriva l'illuminazione pubblica, anche se dai più è ritenuta qualcosa di non essenziale in quanto per le strade, dopo l'Avemaria, non passa più nessuno. La vita continua però ad essere veramente dura. La maggioranza della popolazione abita in case anguste e poco salubri, e nei mesi più freddi molta gente passa le serate nella stalla per riscaldarsi al tepore emanato dagli animali, risparmiando nel contempo sul legname da ardere. La mortalità infantile è ancora piuttosto alta e ciò è dovuto principalmente alla scarsa nutrizione e alle condizioni di vita inadeguate.
La varietà degli alimenti che compaiono quotidianamente sulle tavole è molto ridotta: pane di melgone, polenta, verze, qualche legume, latte, e per condimento un po' di lardo e di olio; sono pochi i fortunati ad avere disponibilità di vino e riso, e la carne fa la sua apparizione solo nelle occasioni solenni. La polenta è l'alimento più consumato, sia a colazione che a pranzo e a cena; essendo però povera di vitamine a lungo andare causa l'insorgere di alcune malattie, come ad esempio la pellagra.
A Castano le epidemie continuano a non dare tregua e nel primo mezzo secolo si registrano numerosi decessi tra la popolazione, dovuti soprattutto al tifo e al colera. Il servizio di assistenza è però abbastanza organizzato e può contare su ben due farmacie, quelle dei Veralli e dei Sacchi, e su alcuni medici affidabili come i dottori Parravicini, Diani Marino e Diani Filippo. A fare da contraltare ad un' economia in prevalenza agricola, in quegli anni inizia a svilupparsi con razionalità la coltura dei bachi da seta, e del prezioso tessuto nel 1846 si arriverà a produrne, sul territorio lombardo, la bellezza di 20 milioni di chilogrammi complessivi. Trent'anni prima, per merito del conte Porro Lambertenghi, era stato introdotto il metodo della trattura a vapore dei bozzoli di seta e questo nuovo sistema aveva trovato applicazione anche a Castano, nella filanda del signor Bellotti. Sono le prime avvisaglie, nella nostra zona, di quella rivoluzione industriale che sta per sconvolgere il mondo più civilizzato e soppiantare abitudini vecchie di secoli. La nuova classe operaia, che al momento lavora in pratica solo nel campo tessile, deve però sopportare disagi e difficoltà indicibili per potersi guadagnare il pane quotidiano .
Nei filatoi ad acqua è prevista una sfiancante continuità di lavoro, mentre in quelli a braccia la mano d'opera è richiesta solo di giorno. Ad ogni modo, d'estate si arriva a sedici ore giornaliere, mentre d'inverno di solito ci si limita, si fa per dire, a non più di tredici. Gli ambienti di lavoro sono angusti e rumorosi, gli incidenti all'ordine del giorno, gli stipendi da fame. Vengono impiegati con la massima naturalezza anche bambini in tenera età, e capita spesso che la madre li porti davanti ai telai la mattina presto ancora addormentati e vada a riprenderseli solo a sera fatta. Qualcuno propone limitazioni a questa piaga dilagante, che oggi chiameremmo di sfruttamento minori le, ma i legislatori del tempo ritengono che non sia proprio il caso di intervenire.
Nel 1860 una proposta passata per un solo voto in consiglio Comunale segna l'inizio dell'illuminazione pubblica in paese. Si parla di "quattro o cinque lampade al più dalla parte della provinciale", per le quali ogni sera all'imbrunire passa l'incaricato con la pertichetta ad accendere la fiammella alimentata dal petrolio, che arderà fino a mezzanotte; in seguito, però, una delibera stabilisce che alcune devono continuare a far luce fino all'alba. Nelle notti di luna piena le lampade non vengono solitamente accese per economizzare sul combustibile.
Il 14 dicembre del 1863 il sottoprefetto di Abbiategrasso fa osservare al sindaco Magnani che "codesto Comune portando l'identico nome di altri Comuni del Regno può diventare causa di equivoci e tale da mettere in imbarazzo i privati e le pubbliche amministrazioni". Infatti ha nome Castano anche una piccola frazione del Comune di Varzi, in provincia di Pavia. Il 30 dicembre il sindaco legge in Consiglio comunale una nota nella quale viene formalmente invitato a cambiare nome al paese, suggerendo anche di chiamarlo Castano Primo "essendo tale Comune superiore agli altri aventi il medesimo nome". La proposta viene accettata dai consiglieri e il 4 febbraio Vittorio Emanuele II controfirma tale decisione. Lo storico Carlo Casati, cittadino milanese ma notaio in Castano, è però di diverso avviso, scrivendo infatti "Non sarebbe più ovvio e opportuno l'aggiungervi il nome del fiume Ticino da cui dista solo sette chilometri e così chiamarlo Castano Ticino?".
Nel neonato Regno d'Italia il servizio militare, in origine della durata di cinque anni, è considerato dai giovani e alle loro famiglie alla stregua di una calamità naturale. Si ingurgitano intrugli e medicine per simulare malattie inesistenti, col risultato, a volte, di rovinarsi la salute. Molti disertori o renitenti alla leva pensano bene di rifugiarsi all'estero, soprattutto in Sudamerica lungo le rive del Rio de la Plata. Il corpo dei Reali Carabinieri viene istituito nel 1861 e otto anni più tardi anche Castano può disporre dei suoi militi, comandati dal brigadiere Lorenzo Treil. La caserma viene allestita dapprima nel palazzo comunale e poi a Pozzo Nuovo, all'angolo di Vicolo del Forno. Al tempo, sempre riguardo le forze dell'ordine presenti nell'ambito locale, esiste anche una guardia campestre con la consegna di sorvegliare i boschi, i corsi d'acqua e gli altri beni del territorio.
Nel 1869 il Comune di Castano respinge in modo deciso una proposta di unione con quello di Nosate. Allora la sottoprefettura pensa di unire Nosate con Turbigo e chiede all'Amministrazione castanese se sia disposta a cedere la striscia di territorio interposta tra quei due Comuni. Naturalmente la risposta è negativa, ed è così motivata: "Là si trovano i mulini necessari alla macinazione dei grani", e anche "prati irrigui, boschi, pesche, ecc. che formano le risorse più apprezzate e le più care alla popolazione". Alla metà degli anni '70, nel tentativo di rendere più vivibile il paese, l'amministrazione dà il via ad alcune opere pubbliche. La viabilità, pur limitata ai pedoni e a qualche carretto, viene migliorata con la pavimentazione a selciato di corsi, piazze e forse anche vicoli. Si tengono in buono stato anche i pozzi, preziosi sia per i cristiani che per gli animali, che sono quattro: uno all'inizio di Via Casati, uno nella corsia di Pozzo Nuovo, un altro in Piazza San Fedele davanti al Palazzo Comunale e un altro ancora nella corsia dei Leoni all'inizio del vicolo della Rosa: hanno il parapetto in muratura con sopra il castello in ferro battuto che porta le carrucole per sollevare i secchi. Intanto la popolazione continua a crescere e nel 1886 in paese si contano 5.200 anime. Le famiglie mantengono ancora la vecchia struttura patriarcale e comprendono in media quattro o cinque figli. Non sono rari i casi in cui si devono sobbarcare anche l'allevamento di un trovatello prelevato dall'Ospedale Maggiore di Milano; solo che il piccolo, invece di essere chiamato Colombo come nel secolo precedente, riceve adesso il cognome della famiglia di adozione. Ai tempi i matrimoni per amore sono piuttosto rari e ci si sposa di solito per convenienza e per consuetudine: le famiglie si affidano ad un "paraninfo" che combina tutto e in cambio riceve un piccolo compenso, di solito una camicia.

torna su

pagina successiva pagina precedente