Facciamo un breve passo indietro e vediamo come si arrivò alla realizzazione di quel capolavoro, ancor oggi vanto dei
castanesi, che è la Via Crucis del Previati. Tutto iniziò con l'editto napoleonico di Saint Cloud, a seguito del quale anche il borgo di
Castano prese ad inumare i suoi morti al di fuori dell' abitato, e più precisamente attorno alla chiesa del Lazzaretto eretta nel 1728 a
commemorare le vittime della peste di un secolo prima. La costruzione comprendeva allora solo quel piccolo santuario ed un circostante
muro di cinta sul quale erano state in precedenza affrescate le quattordici stazioni del Calvario di Cristo. Il piazzale cintato era di
proprietà del Comune che nel 1817 acquistò pure la chiesa ed il muro con gli affreschi, iniziando nel contempo un primo limitato ampliamento
della zona cimiteri aIe. Sia a causa della crescita rapida della popolazione sia per l'intervento dell' eminente canonico di
Milano mons. Giovanni Battista Ramponi (che per onorare degnamente le sue spoglie fece costruire una cappella) fu presto necessario un nuovo
spostamento del muro di cinta. Nel frattempo l'incuria e gli agenti atmosferici avevano non poco sbiadito le tinte dei preesistenti
affreschi, per cui l'opera - certo devota ma non di grande pregio artistico - rischiava di perdersi per sempre.
Per fortuna, lo stesso mons. Ramponi disponeva nel proprio testamento, tra l'altro, lo stanziamento di lire tremila per la "conveniente rinnovazione" della Via Crucis, da effettuarsi ad opera del Comune. Si decise allora di costruire un nuovo portico per accogliere più degnamente la nuova opera. Bandito un concorso a trattativa privata, vi parteciparono i pittori Gaetano Previati, Emilio Magistretti e un altro rimasto sconosciuto. Vincitore risultò infine il Previati, pittore che aveva da poco terminato gli studi a Brera e godeva già di un certo successo, autore tra l'altro di studi sul colore e sulla luce che lo avrebbero portato di lì a poco a diventare un teorico della nuova corrente del Divisionismo. L'opera doveva consistere in una teoria di 14 quadri, ciascuno largo 170 centimetri e alto 260, realizzato con colori resistenti alla calce e alle intemperie. Il compenso pattuito, di lire tremila, sarebbe stato suddiviso in sei rate. Così, terminati i lavori di muratura, nel luglio del 1887 il Previati raggiunge Castano per dar mano ai sospirati affreschi. Due anni dopo i dipinti sono pronti: a dire il vero qualcuno dei committenti dichiara qualche perplessità, e anche l'artista è visibilmente contrariato dai continui ritardi nei pagamenti, minacciando anche di ricorrere ai tribunali; alfine tutto si risolve per il meglio e alla poderosa opera vengono apposte le grate metalliche a protezione. Castano ha così la sua invidiabile opera d'arte, che avrà però vicissitudini future, come ognuno sa, un po' tribolate.
Torniamo adesso alla vita di inizio ventesimo secolo, che vede l'avvento della cosiddetta Belle epoque e l'alta società seguire la nuova moda francese imperante, portatrice di un'ondata di frivolezze: per le donne lunghi abiti stretti e ben modellati, cappelli guarniti di piume o di fiori, giacche di pelliccia, guanti lucidi dalle tre righette nere sul dorso, scarpe a punta con tacco "Luigi XV"; per gli uomini giacchetta con bombetta il cilindro è limitato alle grandi occasioni o cappello di feltro molle, camicie con lo sparato lucidato ad amido guarnite da cravatte di seta trattenute da spille ingioiellate, catena dell' orologio infilata tra l'occhiello e il taschino del gilè. A dire il vero a Castano non sono molte le occasioni importanti per sfoggiare un simile abbigliamento; per la vita di tutti i giorni e per frequentare le numerose osterie esistenti basta e avanza proporsi in modo molto più sobrio se non addirittura dimesso.
Accanto alle osterie, vero luogo popolare di ritrovo, sorgono in quegli anni i circoli vinicoli che ammettono come soci solo uomini adulti paganti una quota. A Castano i due esercizi più frequentati hanno la caratteristica di essere politicamente agli antipodi. Il Circolone, il cui nome originario è Circolo Ricreativo, raggruppa personaggi di matrice politica di sinistra; è tramutato poi in Circolo Umberto I con sede all'inizio in Vicolo dell' Annunciata e poi in Vicolo del Pozzo. L'altro, il Circolino, è fondato qualche anno dopo in Via San Gerolamo e prende più avanti il nome di Circolo Popolare La Pace ed è un baluardo delle organizzazioni cattoliche castanesi.
La gioventù frequenta invece gli oratori, quello femminile dalle suore di Maria Ausiliatrice e quello maschile nella zona della rimessa del tramway, grazie all'interessamento del benemerito parroco don Zaccaria Bigatti. Entrambi sono forniti di un piccolo teatro per la rappresentazione di commedie, che di solito hanno come argomento le sacre scritture o la vita dei santi.
A scuola, intanto, il numero degli alunni per classe continua ad essere causa di gravi problemi . Si racconta che la maestra Aurelia Caccia, nel 1891, si era lamentata per dover tenere a bada la sua classe femminile composta di 110 fanciulle, mentre nel 1904 il maestro Favini aveva guadagnato un meritato aumento di stipendio dovendo si sacrificare a far scuola a ben 125 alunni. Per fortuna o sfortuna che sia, compiuto il dodicesimo anno di età la maggior parte degli alunni lascia la scuola. Questo è per loro motivo di sollievo e allegria, e nell'occasione si sfogano cantando una canzonetta ancor oggi rimasta nella memoria:
Ai primi del '900 compaiono sopra i tetti delle case in numero sempre maggiore le nuove torri volute dal progresso: sono le ciminiere delle filande e delle tessiture. Al vicolo della Castellana prosegue la sua attività il "filandino", conosciuta anche come filandino Perani o filanda Ochs; annesso all' ex palazzo Rusconi opera ancora il "filandone" del signor Ronchetti, mentre ci sono altri opifici in via S.Antonio e via S. Gerolamo. Le officine meccaniche sono tre, quelle dei Perotta, dei Genoni e dei Caimi, mentre rinomate sono anche le falegnamerie Martinoni in Via Acerbi e Gambaro in Via Pozzo Nuovo. Per non parlare dell'impresa edile Torno che in pratica mette mano a tutte le opere pubbliche in paese e che sotto la guida dei signori Felice e Luigi si appresta a diventare quell'impresa colossale che sarà.
Il territorio castanese è costituito in massima parte da coltura agraria e in misura minore da foreste e da fascia di brughiera, che produce materia vegetale usata sia per i bachi da seta che come lettiera per le bestie. Ai tempi è comunque la robinia la coltura boschiva più comune, utilizzata soprattutto per la produzione di legname da riscaldamento. Il gelso morone, fondamentale per l'allevamento dei bachi, è ancora oggetto di grandi cure e isuoi pittoreschi filari sono l'elemento distintivo delle campagne di allora.
La viticoltura è ormai quasi del tutto abbandonata, resistono solo tralci e pergole ad uso domestico; dalla vite americana si produce talvolta il vino detto "baragien", acerbo ma comunque di discreta qualità. Numerosi progetti vengono approntati per l'irrigazione dei campi a nord del Villoresi, ma restano però allo stadio di pia intenzione. La pioggia rimane per i più l'elemento fondamentale per le irrigazioni, e per il contadino paesano rappresenta una sorta di divinità misteriosa da amare e invocare. Nascono proverbi a testimonianza di quanto importanti siano le manifestazioni del cielo, efficace e sintetico compendio della saggezza popolare:
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Per fortuna, lo stesso mons. Ramponi disponeva nel proprio testamento, tra l'altro, lo stanziamento di lire tremila per la "conveniente rinnovazione" della Via Crucis, da effettuarsi ad opera del Comune. Si decise allora di costruire un nuovo portico per accogliere più degnamente la nuova opera. Bandito un concorso a trattativa privata, vi parteciparono i pittori Gaetano Previati, Emilio Magistretti e un altro rimasto sconosciuto. Vincitore risultò infine il Previati, pittore che aveva da poco terminato gli studi a Brera e godeva già di un certo successo, autore tra l'altro di studi sul colore e sulla luce che lo avrebbero portato di lì a poco a diventare un teorico della nuova corrente del Divisionismo. L'opera doveva consistere in una teoria di 14 quadri, ciascuno largo 170 centimetri e alto 260, realizzato con colori resistenti alla calce e alle intemperie. Il compenso pattuito, di lire tremila, sarebbe stato suddiviso in sei rate. Così, terminati i lavori di muratura, nel luglio del 1887 il Previati raggiunge Castano per dar mano ai sospirati affreschi. Due anni dopo i dipinti sono pronti: a dire il vero qualcuno dei committenti dichiara qualche perplessità, e anche l'artista è visibilmente contrariato dai continui ritardi nei pagamenti, minacciando anche di ricorrere ai tribunali; alfine tutto si risolve per il meglio e alla poderosa opera vengono apposte le grate metalliche a protezione. Castano ha così la sua invidiabile opera d'arte, che avrà però vicissitudini future, come ognuno sa, un po' tribolate.
Torniamo adesso alla vita di inizio ventesimo secolo, che vede l'avvento della cosiddetta Belle epoque e l'alta società seguire la nuova moda francese imperante, portatrice di un'ondata di frivolezze: per le donne lunghi abiti stretti e ben modellati, cappelli guarniti di piume o di fiori, giacche di pelliccia, guanti lucidi dalle tre righette nere sul dorso, scarpe a punta con tacco "Luigi XV"; per gli uomini giacchetta con bombetta il cilindro è limitato alle grandi occasioni o cappello di feltro molle, camicie con lo sparato lucidato ad amido guarnite da cravatte di seta trattenute da spille ingioiellate, catena dell' orologio infilata tra l'occhiello e il taschino del gilè. A dire il vero a Castano non sono molte le occasioni importanti per sfoggiare un simile abbigliamento; per la vita di tutti i giorni e per frequentare le numerose osterie esistenti basta e avanza proporsi in modo molto più sobrio se non addirittura dimesso.
Accanto alle osterie, vero luogo popolare di ritrovo, sorgono in quegli anni i circoli vinicoli che ammettono come soci solo uomini adulti paganti una quota. A Castano i due esercizi più frequentati hanno la caratteristica di essere politicamente agli antipodi. Il Circolone, il cui nome originario è Circolo Ricreativo, raggruppa personaggi di matrice politica di sinistra; è tramutato poi in Circolo Umberto I con sede all'inizio in Vicolo dell' Annunciata e poi in Vicolo del Pozzo. L'altro, il Circolino, è fondato qualche anno dopo in Via San Gerolamo e prende più avanti il nome di Circolo Popolare La Pace ed è un baluardo delle organizzazioni cattoliche castanesi.
La gioventù frequenta invece gli oratori, quello femminile dalle suore di Maria Ausiliatrice e quello maschile nella zona della rimessa del tramway, grazie all'interessamento del benemerito parroco don Zaccaria Bigatti. Entrambi sono forniti di un piccolo teatro per la rappresentazione di commedie, che di solito hanno come argomento le sacre scritture o la vita dei santi.
A scuola, intanto, il numero degli alunni per classe continua ad essere causa di gravi problemi . Si racconta che la maestra Aurelia Caccia, nel 1891, si era lamentata per dover tenere a bada la sua classe femminile composta di 110 fanciulle, mentre nel 1904 il maestro Favini aveva guadagnato un meritato aumento di stipendio dovendo si sacrificare a far scuola a ben 125 alunni. Per fortuna o sfortuna che sia, compiuto il dodicesimo anno di età la maggior parte degli alunni lascia la scuola. Questo è per loro motivo di sollievo e allegria, e nell'occasione si sfogano cantando una canzonetta ancor oggi rimasta nella memoria:
"Incoeu l'è l'ultim dì, duman l'è la partenza, ciau maestra tencia, a scoeura a vegnu pu. L'è roba da faa cur maestar e diretur,
e se l'è minga aseé bidel e cartulee ".
Il cartulee in questione era il signor Tadini, che teneva il proprio negozio in piazza all'angolo di Vicolo Tortuoso.
A testimonianza della sua popolarità va ricordato che in seguito, almeno fino agli anni trenta, anche quando la cartoleria divenne di proprietà
di un certo Picco a Castano si sarebbe continuato a dire "vado dal Tadini", Ai primi del '900 compaiono sopra i tetti delle case in numero sempre maggiore le nuove torri volute dal progresso: sono le ciminiere delle filande e delle tessiture. Al vicolo della Castellana prosegue la sua attività il "filandino", conosciuta anche come filandino Perani o filanda Ochs; annesso all' ex palazzo Rusconi opera ancora il "filandone" del signor Ronchetti, mentre ci sono altri opifici in via S.Antonio e via S. Gerolamo. Le officine meccaniche sono tre, quelle dei Perotta, dei Genoni e dei Caimi, mentre rinomate sono anche le falegnamerie Martinoni in Via Acerbi e Gambaro in Via Pozzo Nuovo. Per non parlare dell'impresa edile Torno che in pratica mette mano a tutte le opere pubbliche in paese e che sotto la guida dei signori Felice e Luigi si appresta a diventare quell'impresa colossale che sarà.
Il territorio castanese è costituito in massima parte da coltura agraria e in misura minore da foreste e da fascia di brughiera, che produce materia vegetale usata sia per i bachi da seta che come lettiera per le bestie. Ai tempi è comunque la robinia la coltura boschiva più comune, utilizzata soprattutto per la produzione di legname da riscaldamento. Il gelso morone, fondamentale per l'allevamento dei bachi, è ancora oggetto di grandi cure e isuoi pittoreschi filari sono l'elemento distintivo delle campagne di allora.
La viticoltura è ormai quasi del tutto abbandonata, resistono solo tralci e pergole ad uso domestico; dalla vite americana si produce talvolta il vino detto "baragien", acerbo ma comunque di discreta qualità. Numerosi progetti vengono approntati per l'irrigazione dei campi a nord del Villoresi, ma restano però allo stadio di pia intenzione. La pioggia rimane per i più l'elemento fondamentale per le irrigazioni, e per il contadino paesano rappresenta una sorta di divinità misteriosa da amare e invocare. Nascono proverbi a testimonianza di quanto importanti siano le manifestazioni del cielo, efficace e sintetico compendio della saggezza popolare:
"Quando il tempural al vegn da
Trecà ciapa la sapa e scapa a ca"; "A Sant' Ana l'acqua la cur par la piana"; "A San Bartulumé l'acqua l'è buna da lavà i pè ".
Se la realtà minima castanese all'inizio del ventesimo secolo è fatta di cose semplici e spesso ripetitive, nel mondo attorno nascono e
serpeggiano ben altri fermenti e movimenti di pensiero, come ad esempio il femminismo e il pacifismo che portano a diffondere idee nuove
e, per i tempi, rivoluzionarie. In Italia si inaspriscono le tensioni tra cattolici e socialisti e cresce sempre più anche il sentimento
anti-austriaco. Nel 1912 il liberale Giolitti, sensibile alle esigenze delle classi popolari, ottiene il suffragio
universale maschile; in precedenza per essere ammessi al voto bisognava saper leggere, scrivere e possedere requisiti di capacità e
di censo. Potendo ora votare anche gli analfabeti i partiti contrassegnano per la prima volta le schede con dei simboli.
Le donne, pur essendo ancora escluse dal diritto di voto, si rendono utili distribuendo le schede all'ingresso dei seggi.
Nel 1915 l'Italia entra nella tragedia della prima guerra mondiale, che fermerà la vita di molti castanesi.
E qui si ferma anche la nostra storia di un tempo e di un mondo che non ci sono più.